Problematiche applicative delle disposizioni in materia di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione dopo il terzo decreto correttivo del Codice dei Contratti.
Premessa Sono pervenuti all’Autorità numerosi quesiti interpretativi in merito alle problematiche applicative della nuova disciplina delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione introdotta nel D. lgs. n. 163 del 12/04/2006 (d’ora innanzi “Codice”) dal D. lgs. 152/2008 (cd. terzo decreto correttivo). Stante la complessità del tema, l’Autorità ha deliberato di adottare un atto a carattere generale contenente indicazioni applicative relativamente alla disciplina delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione. A tal fine sono state svolte due audizioni in data 9 e 24 giugno 2009 con gli operatori del mercato e le amministrazioni competenti ed i rappresentanti della conferenza dei Presidenti delle Regioni. Il quadro giuridico – normativo 1. La materia delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione è stata negli ultimi anni ripetutamente oggetto di intervento da parte del legislatore nazionale nella materia degli appalti pubblici, dalla legge Merloni – quater al Codice dei Contratti (questo ultimo con tre discipline diverse); e ciò a seguito dell’intervento della Corte di Giustizia con la sentenza l2 luglio 2001 C 399 /1998, “Scala 2001” . La regolamentazione dell’istituto delle opere di urbanizzazione a scomputo risale alla normativa in materia urbanistica, secondo la quale la realizzazione di tali opere condiziona il rilascio del permesso di costruire. L’articolo 31 della legge 1150/42 (ora art. 12 del DPR 6 giugno 2001, n. 380 -Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) stabilisce, infatti, che il rilascio della concessione edilizia è in ogni caso subordinato all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione, da parte dei Comuni, dell’attuazione delle stesse nel successivo triennio o all’impegno dei privati di procedere all’attuazione delle medesime contemporaneamente alle costruzioni oggetto della concessione. Si può, pertanto, affermare che la preventiva, necessaria, urbanizzazione delle aree in funzione delle costruzioni edilizie costituisca un principio fondamentale che la normativa urbanistica italiana ha progressivamente consolidato (legge 1150/1942; legge 765/1967; legge 10/1977, DPR 380/2001); non diversamente hanno disposto le diverse leggi regionali, sulle quali, peraltro, la presente analisi non si sofferma espressamente. L’obbligo di pagare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria in caso di esecuzione di un certo tipo di opere edilizie è sorto con l’entrata in vigore della legge 6 agosto 1967 numero 765 (articolo 8), al quale si è aggiunto quello inerente il contributo commisurato al costo di costruzione con l’articolo 6 della legge 28 gennaio 1977, numero 10 (la cosiddetta legge Bucalossí). Queste disposizioni sono state tutte trasfuse nell’articolo 16 del Testo unico sull’edilizia che, ai commi 7,7- Bis e 8 del DPR n. 380/2001, stabilisce la suddivisione in oneri di urbanizzazione primaria e secondaria. Il rilascio del permesso di costruire da parte di una amministrazione comporta, pertanto, per il privato “la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione” (art. 16, comma l, del DPR n. 380/2001). Come sostenuto dalla giurisprudenza, gli oneri di urbanizzazione sono dovuti “in ragione dell’obbligo del privato di partecipare ai costi delle opere di trasformazione del territorio” (Cons. Stato, Sez. V, 23gennaio 2006, n. 159). Il legislatore ha previsto con l ‘art. 11, primo comma, della legge n. 10/77, ora trasfusa con modifiche nell’art. 16, comma 2 del Testo Unico dell’edilizia, la possibilità di scomputare la quota del contributo relativa agli oneri di urbanizzazione, nel caso in cui il titolare del permesso di costruire o attuatore del piano si obblighi a realizzarle direttamente. Tra l’operatore privato e l’amministrazione viene stipulata una convenzione che accede al permesso di costruire nella quale vengono regolate le opere da realizzare, i tempi, le modalità della loro esecuzione, la loro valutazione economica e le garanzie dell’adempimento, imprimendo così una connotazione negoziale al rapporto tra la pubblica amministrazione ed il privato. [private]Lo stesso art. 16 sopra citato stabilisce, poi, che le opere così realizzate sono acquisite al patrimonio indisponibile del Comune. La ratio dell’istituto, che ha avuto una vasta applicazione nella pratica, va individuata nella possibilità offerta all’amministrazione locale di dotarsi di opere di urbanizzazione senza assumere direttamente i rischi legati alla loro realizzazione. Come, quindi, previsto dall’art. 16, comma 2, del DPR 380/2001, il privato attuatore del piano e/o titolare del permesso di costruire, debitore del versamento degli oneri di urbanizzazione, può adempiere all’obbligo costituito dal pagamento del contributo relativo agli oneri di urbanizzazione mediante l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione.
2. Su tale assetto normativo e intervenuta la citata pronuncia della Corte Europea “Scala 2001” che ha affermato «La direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, n. 93/37/CE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, osta ad una normativa nazionale in materia urbanistica che, al di fuori delle procedure previste da tale direttiva, consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla direttiva di cui trattasi ». La Corte di Giustizia ha precisato che «Sulla scorta delle considerazioni che precedono, occorre concludere che la realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione secondo le condizioni e le modalità previste dalla normativa italiana in materia urbanistica costituisce un “appalto pubblico di lavori” ai sensi della direttiva» (punto 97). In sostanza, la Corte ha sostenuto che le opere di urbanizzazione sono da ritenere pubbliche sin dalla loro origine (quindi anche se eseguite su proprietà privata e se formalmente di proprietà privata prima del passaggio al patrimonio pubblico); la realizzazione delle opere in luogo del loro pagamento conferma la natura patrimoniale del contratto, con riflessi sui pubblici interessi.
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